Educazione Parentale, sfida per un cambiamento
Via Luigi Chiarelli
33, 00137 Roma
Italia
Con Erika Di Martino, consulente familiare, responsabile del Portale Nazionale “EducazioneParentale.org” e Controscuola.it
“Credo che il grande errore nelle scuole sia di cercare di insegnare ai bambini un po’ di tutto, e di usare la paura quale motivazione di base. Paura di essere bocciati, di non restare con la tua classe etc. L’interesse invece può produrre conoscenza che in proporzione alla paura è una esplosione nucleare rispetto ad un petardo.”
S.K.
S.K. sta per Stanley Kubrik. Non ci si aspetterebbe forse che un uomo che ha espresso il suo talento e la sua genialità in forme d’arte puramente visive, possa avere idea di come dovrebbe essere l’istituzione scolastica.
Eppure lui come altri non addetti ai lavori, un pensiero in merito lo hanno espresso. Forse a dimostrazione del fatto che l’educazione e la crescita culturale dei nostri figli è questione che riguarda tutti perché è un argomento che appartiene al buon sviluppo di una collettività e alla speranza di vedere un giorno realizzarsi una società equa e sana.
La nascita della moderna versione di “scuola”, un’istituzione quindi codificata, socialmente riconosciuta come unica fonte di formazione culturale, atta a creare individui efficienti e facilmente inseribili nei tessuti produttivi ha origine ai primi del XIX secolo. L’insegnamento di maggiore importanza in tutte le scuole fu l’alfabetizzazione e il ruolo del maestro fu visto come centrale in quanto formatore di persone.
Se tutto ciò è facilmente comprensibile quando lo si legge come un breve spaccato della nostra storia, diventa invece inaccettabile se si pensa che ancor oggi questo è il senso che soggiace al moderno approccio accademico.
E nulla conta se ormai sta prendendo piede in misura sempre più evidente la necessità di una visione alternativa e creativa rispetto a questo modello, perché persiste nella natura del decisore e cosa ancor più preoccupante, nella natura del fruitore, la falsa convinzione che la scuola debba essere un luogo di privazione.
Privazione della libertà, della fantasia, dell’autonomia espressiva, dell’esperienza come mezzo di accrescimento. Privazione quindi dalla possibilità di un sano percorso mirato al rafforzamento di personalità distinte e uniche. Perché “l’autonomia” e “la diversità” sono ancor oggi concetti che spaventano.
Se ci si ferma a pensare un attimo alla giornata di un qualsiasi studente si osserva che da un’ora all’altra si è chiamati a settare la propria attenzione su argomenti che spesso non richiamano nessun reale interesse. Si passa da una materia all’altra, da un contesto all’altro, e spesso da un’insegnante all’altra senza che ci sia alcuna continuità, nessuna conseguenzialità e nessuna specifica attenzione all’individuale coinvolgimento e alla personale capacità/volontà di apprendimento.
Eppure tutti dovremmo aver chiaro che l’efficacia di un percorso è spesso data dall’armoniosa successione dei livelli di raggiungimento della meta che ci si prefigge…Non si dovrebbe quindi, almeno valutare la possibilità che un bambino possa iniziare ad apprendere la realtà che lo circonda prima di tutto imparando ad osservarla e a relazionarsi con essa, magari attraverso forme di gioco e di esperienza diretta? Non potrebbe essere utile iniziare a riflettere sul fatto che all’interno di un sistema scolastico evoluto le propensioni individuali debbano rivestire un’importanza specifica e che i bambini dovrebbero progredire al proprio ritmo, piuttosto che dover perseguire obiettivi standard? Il ruolo dell’educatore non potrebbe quindi essere quello di cogliere le peculiarità individuali e lavorare in maniera tale da non soffocarle in ragione di un’identità di massa?
Confrontiamoci e discutiamone tutti insieme al Centro del Loto.
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